Le avventure di un uomo curioso
Storia di Ulisse Aldrovandi
Ulisse Aldrovandi nacque a Bologna l’11 settembre 1522, da Teseo e Veronica Marescalchi, entrambi ben inseriti nell’élite cittadina bolognese. Dopo la morte del padre il giovane Aldrovandi, appena dodicenne, iniziò una serie di peregrinazioni, spostandosi dapprima a Roma nel 1534, quindi a Brescia nel 1536; poi di nuovo a Roma, da cui ripartì, alla volta di Santiago de Compostela, per rientrare infine nel 1539 a Bologna, dove intraprese un intenso percorso di studi scientifici e umanistici, muovendosi tra la stessa Bologna e Padova. Le inquietudini, il desiderio di conoscenza e di avventura che erano esplosi con i viaggi di gioventù, non si erano tuttavia placati ed erano destinati a riemergere, delineando traiettorie particolari.
Nel 1549 Aldrovandi venne infatti convocato a Roma dal Tribunale dell’Inquisizione, con l’accusa di essere seguace di un eretico anabattista; processato, fu costretto alla pubblica abiura e definitivamente assolto solo nel 1567. Gli anni a Roma non produssero tuttavia solo disagi; rilasciato nel 1550, Aldrovandi ebbe modo di visitare le collezioni antiquarie di alcune importanti famiglie romane. Ne trasse una serie di descrizioni e osservazioni mutuate dalla conoscenza degli autori del passato, quali Plinio e Aristotele. Le sue note vennero raccolte in un catalogo e pubblicate nel 1556 (Delle statue Antiche). Nel testo, la prospettiva del viaggiatore-cronista si intreccia a quella dell'antiquario dilettante, incuriosito in particolar modo dalla conformazione degli oggetti che di volta in volta descriveva, esaminandoli in prima persona.
Nel 1553 Aldrovandi conseguì la laurea in filosofia e medicina a Bologna; accanto alla brillante carriera di docente, proseguì nelle attività esplorative e di espansione di un variegato network di collezione e scambio di materiali, finanziando diverse spedizioni naturaliste nella penisola, con l’aiuto dei suoi maestri e collaboratori, il medico Luca Ghini e il farmacista Francesco Calzolari. Questo intenso lavoro di campo collettivo era finalizzato a ricercare esemplari botanici che sarebbero poi confluiti in un prezioso Erbario, cui si aggiunsero le tavole illustrate a colori. Furono questi anni di grande prestigio per Aldrovandi, cittadino sempre più illustre di Bologna: nel 1561 gli venne affidata la cattedra (appositamente istituita) di filosofia naturale, nel 1568 divenne prefetto del neonato orto botanico pubblico. Nel 1574 rese un importante servizio alla città pubblicando (non senza polemiche) l’Antidotarium, con le indicazioni della composizione dei medicinali, indispensabile per la formazione dei farmacisti.
In tutto questo tempo, era proseguita un’infaticabile opera di collezione botanica, mineralogica e zoologica con cui Aldrovandi compose il suo museo. Attraverso il supporto di un’estesa rete di corrispondenti tra gli studiosi e i collezionisti - tra cui Michele Mercati, Antonio Giganti e Ferrante Imperato - Aldrovandi riuscì a far affluire a Bologna una notevole quantità di esemplari, continentali ed extra-continentali, destinati soprattutto ad essere oggetto di studio. Un salto di qualità ulteriore nell’attività collezionistica si ebbe con la creazione di un sodalizio con il Gran Duca di Toscana Francesco I de’ Medici, cui Aldrovandi guardava per ampliare la collezione in cambio delle sue consulenze di affermato naturalista. Rimase invece frustrata la sua ambizione di vedersi finanziare una spedizione in America per la quale cercò contatti anche con la monarchia spagnola, ma la collaborazione con i signori fiorentini, in particolare, si rivelò comunque utile per mediare l’acquisizione di nuovi pezzi provenienti dal Nuovo Mondo e da altri circuiti extra-europei. Preziosi per l’espansione del museo furono anche i contatti con le famiglie bolognesi Boncompagni (in particolare, dopo l’elezione del cugino Ugo a pontefice con il nome di Gregorio XIII) e Paleotti (grazie all’amicizia con il Cardinale Gabriele).
Nel 1577 la tragedia della morte del figlio naturale Achille lasciò Aldrovandi senza eredi diretti; anche da questa condizione maturò, in seguito, la decisione di lasciare l’intera collezione in eredità al Senato di Bologna. Quanto contenuto nel museo (fino a 18.000 esemplari naturalistici in 4.500 cassettini o capsulae, 7.000 piante essiccate, oltre 2.800 tavole acquerellate e a tempera, 4.000 matrici xilografiche in legno), nonché i manoscritti e la biblioteca, divennero così patrimonio pubblico della città di Bologna, con la condizione vincolante per le istituzioni di mantenere la collezione integra e in un unico luogo, nonché di curare la pubblicazione delle opere di Aldrovandi, il quale era riuscito a vedere editi solo il trattato in tre volumi sugli uccelli Ornithologiae (1599-1601) e quello sugli insetti De animalibus insectis (1602). Il tesoro museale di Aldrovandi venne in seguito trasferito nel Palazzo Comunale, andando a costituire, unitamente alla collezione del Marchese Ferdinando Cospi aggiuntasi nella seconda metà del XVII secolo, il primo museo pubblico cittadino (Olmi 2022, pp. 23-27).
Aldrovandi morì a Bologna il 4 maggio 1605. La sua esistenza di studioso naturalista e antiquario si sviluppò con una sorprendente dinamica di forte dualismo, tra l’acquisizione di beni preziosi che ne riflettessero il prestigio e le reti di connessione sociale, e un sincero e rigoroso desiderio di istituire un metodo di ricerca che fosse accurato e utile per la comprensione di una natura che appariva sempre più complessa e affascinante. Il percorso autonomo della sua collezione avrebbe continuato a rimandare l’eco di un'intera vita, spesa appassionatamente all’inseguimento della conoscenza.