Il cosmo secondo Ulisse
Un nuovo modo di osservare
Il '500 è un universo di inquietudini e ispirazioni.
Gli stimoli della rivoluzione scientifica umanistica intrecciavano le contese religiose, politiche e culturali della Riforma Luterana e della successiva Controriforma, nonché le fratture prodotte dai grandi conflitti tra le potenze continentali europee. Ma il ‘500 fu anche la stagione delle grandi esplorazioni geografiche e del conseguente, inedito movimento di uomini, cose e idee tra i continenti che innescò un forte dinamismo intellettuale e una intensa dialettica tra antico e contemporaneo, con una costante messa in discussione della percezione della natura e del sapere tutto.
Gli studiosi come Aldrovandi erano interessati a ricercare e indagare i vari aspetti del reale, mettendo al centro l’osservazione e la conseguente riflessione filosofica, oltre che il dialogo filologico con le fonti tradizionali. Non a caso considerato il primo naturalista della modernità europea, Aldrovandi era alla ricerca di una sintesi tra suggestioni diverse che lo guidassero verso un’erudizione enciclopedica e priva, per quanto possibile, di pregiudizi stantii. Nel corso della sua vita di studioso giunse perciò ad elaborare un metodo di analisi scientifica, secondo parametri ragionati di selezione, osservazione e classificazione delle “cose di natura” (Olmi 1976, pp. 31-32; 2004, pp. 20-21).
Il suo interesse superava così il pur diffuso desiderio di possesso materiale degli oggetti più originali che la natura aveva da offrire. La sua collezione mostra di conseguenza una volontà di comprendere più a fondo e nel modo più esatto possibile, un mondo che appare straordinariamente multiforme e composito, pieno sì di cose “curiose” ma legate da un implicito ordine, da un senso che si può cogliere e sistematizzare.
Vi sono diversi fattori che sottendono l’insieme di operazioni del “metodo Aldrovandi” di ricerca scientifica, presentazione dei dati e sistematizzazione (Tugnoli Pàttaro 2004, p. 11). Il primo di essi era la centralità dell’osservazione diretta dell’oggetto di natura (Olmi 2004, p. 20). La conoscenza empirica attraverso l’acquisizione di esemplari diventava fondamentale ai fini di uno studio dei particolari dell’esemplare stesso, indispensabile per una sua comparazione, sia con altri esemplari che con le informazioni presenti nelle fonti tradizionali, quali i latini Plinio e Galeno. Inserirsi nel circuito di scambi di collezionisti europei era perciò un passaggio imprescindibile per assicurarsi di intercettare gli oggetti migliori.
La possibilità di guardare da vicino i dettagli delle cose collezionate generava una catena di produzione collettiva che garantiva la prosecuzione del percorso di ricerca. Con la saggezza dello scienziato moderno Aldrovandi non aveva pretese di onniscienza e comprendeva che la conoscenza è il risultato di un’impresa collettiva che non può esaurirsi negli sforzi di un unico individuo, ma che deve costruirsi nel tempo ed essere in costante aggiornamento, permanentemente aperta a nuove interpretazioni e all’integrazione di nuovi dati (Olmi 1976, p. 41). Da ciò derivava la necessità di fissare le informazioni in cataloghi descrittivi, con relativo corpus bibliografico, come testimoniato dall’immensa mole di note manoscritte prodotte da Aldrovandi in cui, con scrupolo al limite della pedanteria, il bolognese riferisce di tutte le informazioni sull’oggetto. Tutto questo doveva accompagnarsi all’immagine, che Aldrovandi intuiva essere una fonte di conoscenza di assoluta centralità, non per la contemplazione ma per lo studio (Olmi 1992, pp. 25-28; 2004, p. 24).
Per assicurare una vita duratura al percorso di studio sugli oggetti, Aldrovandi mobilitò così una rete di artigiani e artisti, attivi nella sua stessa abitazione, che lavorarono ad un’imponente e raffinata collezione nella collezione: quella delle illustrazioni. L’incisore Cristoforo Coriolano (Christoph Lederlein) produsse tra il 1587 e 1597 le matrici xilografiche in legno di pero, contenute in 14 armadi o pinachoteche, che riproducono gli oggetti della collezione. A questo si affiancò il trentennale lavoro del pittore Giovanni Neri, autore di molte delle tavole, nonché l’opera dei disegnatori Cornelius Schwindt e Lorenzo Benini, dei medaglisti Timoteo Refati e Pastorino Pastorini, dei pittori Andrea Budana, Francesco Cavazzoni, Passerotto Passerotti e di molti altri. Di grande importanza fu la collaborazione col pittore Jacopo Ligozzi, stimatissimo da Aldrovandi. L’impresa di valorizzazione delle immagini portò alla produzione di ben 17 volumi di raffigurazioni e alla pubblicazione dei primi volumi della Storia Naturale.
Si intuisce dunque perché la pubblicazione dei suoi scritti fosse così centrale per Aldrovandi, convinto della necessità di dover offrire una rappresentazione del mondo che tenesse conto della ricaduta pubblica del suo lavoro (Tugnoli Pàttaro 2004, p. 18). Questo ulteriore fattore portò di conseguenza Aldrovandi a pensare l’allestimento della sua collezione in modo non statico, ma sempre secondo il desiderio di creare uno spazio permeabile che permettesse non solo di mostrare ma anche e soprattutto di esaminare da vicino gli oggetti e cogliere il contesto museale (Findlen 1994, p. 61). Dividere e settorializzare i vari esemplari, secondo schemi volti a far emergere le classificazioni e le specializzazioni, fanno di Aldrovandi un antesignano dell’impostazione scientifica del museo, in un contesto dove il mondo si rappresentava ancora senza soluzione di continuità. L’allestimento museale aldrovandiano poteva apparire alle volte denso e tortuoso, con criteri organizzativi non sempre leggibili che riflettevano il disordine dei manoscritti, ma l’intento didattico di condivisione del sapere è sempre esplicitato, accanto ai vantaggi di auto-promozione sociale che derivavano dalla rete di contatti illustri (Findlen 1994, pp. 365-376) e dall'apertura della collezione al pubblico (Findlen 1994; Olmi 2004, pp. 21-22). Metodo di studio, distribuzione degli oggetti, riflessione sulla fruizione del museo e sul proprio ruolo compongono così un caleidoscopio di elementi che riflettono la poliedricità del suo creatore e del mondo, così come lo percepiva la sua comunità.