Non sono solo manufatti e testimonianze tangibili di un mondo variegato oltre l’oceano a sfidare i limiti della conoscenza e della percezione di se stessi e dell’altro. Il ‘500 è attraversato da un flusso di informazioni scientifiche frammisto a storie fantasiose. Il desiderio di misurarsi con l’alterità, dialogare o persino confliggere con essa, si sovrappone a meccanismi proiettivi, per cui l’altro diventa specchio deformante di se stessi o uno schermo da cui osservare idee ed interpretazioni.
I racconti sulla natura dei mondi extra-europei si inseguono e si mescolano, in un continuo di scoperta e creazione. Per gli esemplari acquisiti dal Nuovo Mondo, in particolare, le cronache si alternano alle invenzioni, come nel caso del Pesce Istrice (fig.1), il cui cartellino manoscritto ne indicherebbe una provenienza africana, dal Capo di Buona Speranza. Del pesce istrice esiste una rappresentazione anche in una tavola donata da Tommaso de’ Cavalieri (amico intimo di Michelangelo Buonarroti) ad Aldrovandi che attribuisce all’animale la funzione di amo da pesca per le comunità dei Caraibi (fig.2). Le credenze tradizionali accompagnano le analisi scientifiche, come nell’esposizione della cosiddetta Rondine di Mare o Pesce Civetta (fig.3) imbalsamata, proveniente forse dai mari spagnoli, di cui esiste anche una vivida tavola a colori (fig.4) che ne evidenzia le caratteristiche morfologiche. All’animale si attribuiva solitamente la capacità di volare.
Le collezioni, arricchendosi, riflettono l’immaginario collettivo su una realtà densa di dati e di credenze, di elementi comuni e non comuni che vivono fianco a fianco, sovrapponendosi continuamente. È, questa, un’epoca di mostri (dal latino mostrum, ossia prodigio, monito). In un mondo in cui le manifestazioni del sovrannaturale sono considerate concrete e tangibili, la diversità si fa tema di indagine e di appropriazione. Creature fantastiche - perché originate dal mito e dalla leggenda o perché tali diventano, a causa della loro straordinarietà - accendono la curiosità e mettono alla prova lo studioso che si sente spinto ad andare alla ricerca del loro significato implicito e nascosto (fig.5).
Nasce dunque la teratologia, la scienza dei mostri, che cerca il punto di connessione tra reale e irreale, sottoponendo ai medesimi criteri interpretativi fantasie popolari, come il Mostro a Tre Teste delle matrici e tavole aldrovandiane (fig. 6 e 7) e alterazioni patologiche (reali o presunte) riscontrate su esseri umani e animali (fig.8 e 9) nonché nei fenomeni celesti (fig.10). Il contributo di Aldrovandi alla teratologia viene trasmesso sia attraverso la celebre Monstrorum Historia (edita solo nel 1642) che attraverso alcuni oggetti della collezione, come la Zanna teratologica di elefante (fig.11) o il Palco teratologico di Cervo (fig.12), ossia corna malformate e dunque considerate “mostruose” che convivono con le raffigurazioni dei vari dettagli anatomici (fig.13).
Il collezionismo si apre dunque alle anomalie e agli oggetti “problematici”, in quanto capaci di mettere in crisi gli assunti generali e di suscitare sconcerto e meraviglia. Gli oggetti, con le loro particolarità, vengono scelti anche sulla base della loro capacità di prestarsi ad una narrazione della collezione che sia coinvolgente, che resti impressa e intrattenga, con le sue provocazioni e le sue sfide. In altre parole, le creature fantastiche sono sì oggetto di indagine, ma anche di manipolazione consapevole, come nel caso del Rospo Mostrificato (fig.14). L’esempio più famoso nella collezione resta comunque quello della cosiddetta Chimaera Monstrosa (fig.15 e 16) inviata ad Aldrovandi. Essa in realtà è una centrina essiccata e volontariamente alterata (come si faceva spesso con gli esemplari di pesce porco). Proveniente dal Golfo di Napoli all’animale essiccato vennero cavate le mascelle e aggiunta una spina di razza, in modo da conferirgli un aspetto più suggestivo, adatto all’allestimento, in maniera non dissimile da quanto è visibile nella tavola acquerellata della Razza essiccata in forma di drago (fig.17).