C’è un altro confine che corre tra i molti oggetti di Palazzo Poggi ed è quello, quasi impalpabile, tra scienza e magia. L’interesse naturalistico scientifico che sostiene la collezione non è mai scisso dall’importanza che continuava a rivestire, per la società della prima età moderna, il vasto e antico patrimonio di credenze che oggi definiremmo magiche o pseudo-scientifiche. Non era raro quindi che si attribuisse una singolare valenza medica ad oggetti paleontologici come le glossopetre (fig.1 e 2) (anche dette “lingue di pietra”) ossia denti di squalo fossile o alle terre sigillate (fig.3), argille di origine orientale (vera o presunta) per le quali esisteva un florido commercio e che venivano usate come improbabili medicinali antiacidi.
Il filtro delle superstizioni più note e consolidate, agisce inevitabilmente sulle strategie di acquisizione degli oggetti, a cui viene attribuito un valore che sta dunque su più livelli. Così, come nel caso della doppia rappresentazione della Mandragora (fig. 4 e 5) il campione vegetale viene osservato tanto per analizzarne la morfologia, quanto per carpirne i segreti delle proprietà magiche. La tavola ne descrive le caratteristiche botaniche ma anche quelle fantastiche, come se le due categorie coesistessero perfettamente nella medesima pianta, come parte dello stesso insieme di informazioni che Aldrovandi, in particolare, voleva raccogliere.